Sanzionare più duramente le pratiche commerciali scorrette realizzate dalle big tech, capaci, già oggi, di alterare l’andamento dei mercati mondiali; monitorare l’uso dei big data da parte delle grandi piattaforme internet, che potrebbero essere capaci «di esercitare una notevole disciplina concorrenziale su più mercati contemporaneamente, fino a farle percepire come soggetti dotati di notevole potere prima ancora di aver fatto ingresso in un nuovo mercato»; e, infine, avviare una riflessione sulle storture del dumping fiscale realizzato da alcuni paesi europei, come Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito, che mina l’esistenza stessa dell’Europa. «I valori in gioco sono di estremo rilievo: la concorrenza fi scale genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, con un danno per l’Italia stimato tra i 5 e gli 8 mlddi dollari l’anno». A poche settimane dall’insediamento, il nuovo presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Roberto Rustichelli, ha tenuto la sua prima relazione al Parlamento che è suonata, alle orecchie degli esperti del settore, come un vero e proprio programma delle priorità del settennato che è appena iniziato. Un programma con un ampio respiro internazionale che convince molti degli avvocati che si occupano di regolamentazione e antitrust nei principali studi legali d’affari italiani, che Affari Legali ha sentito questa settimana, per un primo giudizio sull’attività svolta dall’Authority e sulle aspettative della nuova consiliatura e degli strumenti a disposizione dell’Agcm, come i programmi di leniency.

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